Martina Vazzoler, sulla passione per il Made in Italy ha costruito una bottega digitale, un marketplace dove raccoglie il meglio della manifattura italiana – www.e-italy.com. Successivamente ha deciso di scrivere questo libro “Vendere online con la mappa del marketplace”, edito Hoepli, una risposta necessaria emersa dall’analisi delle difficoltà con cui le microimprese, artigiani e PMI, devono destreggiarsi per sviluppare una strategia efficace e a misura della loro medio/piccola realtà produttiva.
Definiti da Martina, gli autostoppisti del web, il popolo delle microimprese, in Italia, costituisce ben il 99% del tessuto produttivo ma spesso è “orfano di una strategia digitale di successo e di un mezzo consono per realizzarla…”.
Nel capitolo dedicato agli autostoppisti del web(così vengono chiamati gli artigiani ed imprenditori delle PMI), analizza in modo chiaro, anche per coloro che hanno poca dimestichezza con il marketing e le sue terminologie, i punti di forza e di debolezza delle microimprese, portando in evidenza le peculiarità innegabili che le contraddistinguono:
- Dimensione piccola
- Forte vocazione alla personalizzazione
- Indole all’innovazione del prodotto
Il risultato? L’eccellenza del prodotto che contraddistingue il Made in Italy nel mondo, che nella coscienza collettiva mondiale è ormai sinonimo di qualità.
E allora come riuscire a proporre e vendere i prodotti di pregio della manifattura italiana in modo efficace? Questo libro è stato disegnato da Martina Vazzoler, su misura, “come un abito sartoriale”, per tutti i piccoli imprenditori ed artigiani.
L’autrice spiega in modo intuitivo le dinamiche del web e dell’e-commerce e quali strumenti utilizzare in base alla proprie disponibilità finanziarie; dall’analisi della propria struttura e delle proprie risorse, alla scelta degli strumenti più efficaci, per disegnare la giusta strategia ed evitare inutili sprechi di tempo e denaro. Il libro è uno strumento per riscoprire il web come un terreno più familiare, a cui approcciare con disinvoltura e con la capacità di scegliere ed utilizzare gli strumenti più consoni al proprio business.
In questa strategia, per disegnare al meglio il proprio e-commerce, la scrittrice consiglia, come primo approccio, l’uso dei Marketplace esistenti, una valida e meno onerosa alternativa alla costruzione di un proprio sito web con e-commerce, che potrebbe essere un passo successivo del percorso aziendale all’internazionalizzazione.
Altro regalo importantissimo, che Martina fa ai suoi lettori, è una mappa di tutti i marketplace, prima e unica mappature di tutte le piattaforme di e-commerce presenti a livello europeo.
La parte conclusiva del libro, per essere sincera, l’ho letta mentre scrivevo la recensione e vi ho trovato un messaggio importante che voglio riassumere in questi punti:
- Consapevolezza
- Collaborazione
- Evoluzione
Consapevolezza delle microimprese di essere una fondamentale realtà produttiva per il paese che, però, necessita di una compattezza, tra tutti i suoi attori, per acquistare maggior peso nelle decisioni globali a favore dell’economia dell’Italia ed innescare una nuova prospettiva di evoluzione del Made in Italy.
Oggi Smau ha inaugurato, al Padiglione 11 di PadovaFiere, la prima tappa dei Road Show 2017. Con la tappa di Padova vanno in scena oltre 60 startup, FabLab e imprese del digital, 28 casi di successo di aziende del territorio vincitrici del Premio Innovazione Smau e più di 60 workshop gratuiti dedicati ad imprenditori e professionisti.
Veneto terra di innovazione e di aziende che scelgono di crescere e rinnovarsi attraverso l’incontro con startup e imprese innovative. Lo dimostrano i dati del Primo Osservatorio sul Corporate Venture Capital realizzato da Smau, Assolombarda e Italia Startup, in collaborazione con Cerved e Ambrosetti, pubblicati sul sito http://www.osservatorio-openinnovation.it/ e presentati nell’ambito dello Smau Live Show in programma domani alle ore 14.30 dal titolo “Open Innovation, una visione collaborativa che sfrutta le sinergie tra aziende, startup e centri di ricerca”. Il Veneto è al secondo posto, dopo la Lombardia e prima dell’Emilia-Romagna, come Regione che ospita il più alto numero di soci corporate nelle startup innovative italiane. Dei 5.149 soci corporate che investono in startup, rilevati dall’Osservatorio, ben l’11,3% risiede in Veneto. Il Veneto inoltre, con 539 startup iscritte al Registro delle Imprese, su un totale di 6.745, rientra nella TOP5 delle Regioni con il più alto numero di startup innovative (dati relativi al 4° trimestre 2016).
Proprio per soddisfare le esigenze di innovazione delle Imprese e Pubbliche Amministrazioni del Veneto, Smau ha portato e porterà in scena, presso il Padiglione 11 di Padova Fiere, oltre 60 startup, FabLab e imprese del digital, tra cui Alcatel Lucent Enterprise, Cisco, Clouditalia, TIM, Hewlett Packard Enterprise, Seeweb, 28 casi di successo di aziende del territorio vincitrici del Premio Innovazione Smau e più di 60 workshop gratuiti dedicati ad imprenditori e professionisti.
“Questa sarà un’edizione che premia il Veneto dell’Industria, dell’Agroalimentare e delle aziende appartenenti anche settori più tradizionali della nostra economia che hanno scelto l’innovazione per crescere e rinnovarsi” – anticipa Pierantonio Macola, Presidente di Smau. “Queste realtà sono dei modelli da cui le altre imprese possono ispirarsi e Smau è la guida che le accompagna a raggiungere questo risultato, presentando loro i partner più corretti alle loro esigenze e mettendo a disposizione oltre 60 workshop gratuiti per la loro formazione professionale”.
Tra gli argomenti di questa edizione, Smau Padova parlerà di agroalimentare, di tutela e valorizzazione del made in Italy, di industria 4.0, di sanità e medicina, di energia, ambiente e soluzioni per il business delle aziende presentate da oltre 20 startup e FabLab Veneti. Ed è proprio a commento della presenza dei FabLab Veneti a Smau che Gianluca Forcolin, VicePresidente della Regione Veneto afferma: “Nel 2015 la Regione del Veneto, con un apposito Bando, ha deciso di investire 2 milioni di Euro sul tema della fabbricazione digitale e far nascere 18 laboratori digitali (FabLab) sul proprio territorio, con lo scopo principale di promuovere la cultura digitale e ridurre nel contempo il cosiddetto digital divide culturale. Ne è nata una squadra alquanto variegata, che raggruppa FabLab già esistenti, FabLab che si sono costituiti per la prima volta grazie al bando, un Istituto Superiore ed altri Fablab nati nel mondo dell’associazionismo e della cooperazione. La filosofia di fondo che stava alla base del bando regionale era quella di accompagnare i 18 FabLab nella crescita e nel consolidamento in un mercato affollato come quello del digitale, per arrivare a creare una vera e propria “Community dei Fablab Veneti” capace di camminare da sola e di dare impulso allo sviluppo economico della nostra Regione e, perché no, anche del nostro Paese. Dialogo, collaborazione e condivisione, sono state le keywords dell’Amministrazione regionale che ha da un lato supportato i FabLab con attività di coaching e, dall’altro, ha promosso la loro conoscenza in contesti nazionali ed internazionali attraverso un’efficace attività di comunicazione istituzionale. SMAU è quindi l’occasione per presentare il lavoro fin qui svolto dalla Rete dei Fablab Veneti, gli obbiettivi che sono stati raggiunti e le strategie future che la Ragione intende adottare per continuare a dare sostegno a questo progetto ambizioso.”
In rappresentanza dei FabLab veneti saranno infatti presenti: Crunchlab, realtà specializzata in droni e multirotori autocostruiti, cupole geodetiche in legno autocostruite, stampanti 3D autocostruite di tipo RepRap, il Fablab di Belluno che si occupa principalmente di formazione rispetto alle professioni del futuro, insegnando l’uso di droni, stampanti 3D ed Automazione, mentre, allo stand di Officine Zip si potranno trovare Soluzioni IoT e software su misura.
Tra le startup, gli acceleratori e incubatori presenti, l’Università degli studi di Padova presenta due startup, Audio Innova e T4Innovation, e 4 spin-off, AtemEnergia, BMR Genomics, InovaLab e Unilab. H-Farm è presente con 5 startup: Agriopendata by EZ-Lab, BiorFarm, Melovita, Wethod e Xensify. StartCube, l’incubatore dell’Università degli Studi di Padova, presenta a Smau due startup, dEDIcated e Floome by 2045 Tech srl. Saranno inoltre presenti Invictus, startup di M31, 2Specials e Futurenext. All’interno dello spazio espositivo e nelle numerose iniziative di networking in programma si possono incontrare nuovi partner per il proprio business. Per dare qualche anticipazione sulle novità proposte, sono state presentate le soluzioni di comunicazione e networking, anche in cloud, di ETI System, partner di Alcatel Lucent Enterprise. Con Cisco si è parlato di Sicurezza IT, di innovazione nell’Agrifood e di Industria 4.0. Sono statii presentati i servizi integrati di Telecomunicazioni e Cloud Computing dedicati alle PMI proposti da Clouditalia e, ancora, i sistemi informativi per PMI e Grandi Aziende proposti da Information Consulting, partner di Hewlett Packard Enterprise e i servizi di Cloud Computing, Hosting e Datacenter proposti da Seeweb. Con TIM il focus è dedicato alla piattaforma TIM OPEN, dedicata a sviluppatori e startup, delle innovative soluzioni cloud, disponibili attraverso il marketplace Digital Store di TIM Impresa Semplice, e dell’acceleratore di startup TIM #Wcap. Le soluzioni presentate dall’azienda spaziano dallo storage all’identità digitale, fino all’offerta di applicazioni di digital marketing che consentono alle PMI di promuovere il proprio business. Inoltre Olivetti presenta la piattaforma in ambito Big Data per il monitoraggio dei flussi di presenze.
La prima giornata di Smau Padova si è aperta con lo Smau Live Show “Verso l’industria 4.0: soluzioni innovative per migliorare la competitività e la gestione dell’impresa”: un momento di confronto sugli strumenti offerti alle imprese – PMI e multinazionali – e agli enti per migliorare le vendite, informatizzare i processi interni e innovare i prodotti. All’evento parteciperanno Gianluca Forcolin, VicePresidente e Assessore al bilancio e patrimonio, affari generali, enti locali della Regione del Veneto, Marco Bacci, Territory Account Manager di Cisco, Ruggero Frezza, Presidente di M31, Gianni Pegorin, AD e Titolare di Pettenon Cosmetics Spa, Francesco Baroncelli, Direttore Generale Marketing & Operations di Clouditalia e Marco Tauber, ICT Managing Director Lima Corporate Spa.
Successivamente, alle ore 11.30, l’attenzione si è spostata sul tema delle Smart Communities con lo Smau Live Show dal titolo “Smart Communities, risorse e servizi per le nuove città” a cui parteciperanno Maurizio Gasparin, Direttore Area Programmazione e sviluppo strategico Regione del Veneto, Alessandra Poggiani, Direttore Generale Venis S.p.a. Comune di Venezia, Simonetta Rusciadelli, Dirigente Amministrativo e Responsabile per la Prevenzione della Corruzione e della Trasparenza A.T.E.R. della Provincia di Padova. Alberto Corò, Capo Settore Servizi Informatici e Telematici del Comune di Padova, Fabio De Luigi, Dirigente del Servizio sistemi Informativi e Statistica del Comune di Ferrara.
Dedicato ai protagonisti dell’innovazione del territorio e alle tecnologie abilitanti per l’innovazione dei servizi sarà lo Smau Live show dal titolo “Gli ingredienti dell’innovazione nei servizi: idee, competenze, strumenti e network “ a cui parteciperanno Giulia Turra, Marketing&Strategy Consultant di StartCube, Gianni Potti, Presidente CNCT – Confindustria Servizi Innovativi e Tecnologici, Luca Griggio, AD PadovaFiere, Antonio Velleca, Vicepresidente Portabagagli del Porto di Venezia Soc. Coop., Nadia Fontana, CFO Emaze Information Security e Andrea Cortellazzo, Founder Menocarta.net.
Allo Smau Live Show dedicato all’Open Innovation, in programma alle 14.30 è stato affidato il compito di presentare i dati del Primo Osservatorio sull’Open Innovation e Corporate Venture Capital e di raccontare le esperienze in corso in aziende come Riello International Group e Seeweb. All’evento, infatti, erano presenti Alvise Biffi, Vice Presidente Piccola Industria Assolombarda Confindustria Milano Monza e Brianza e Vice Presidente Piccola Industria Confindustria, Antonio Baldassarra, CEO di Seeweb, Elena Donazzan, Assessore all’Istruzione, Formazione, Lavoro e Pari Opportunità di Regione del Veneto, Giordano Riello, Presidente dei Giovani imprenditori di Confindustria Veneto e CEO di Giordano Riello Group.
Il programma della prima giornata di Smau Live Show si è concluso oggi alle 16.00 con un momento di confronto sul tema dell’innovazione nel settore agroalimentare. All’evento, dal titolo “Agrifood: innovazione e tecnologie per lo sviluppo e la competitività di un settore chiave dell’economia italiana” parteciperanno, infatti, Enrico Miolo, Product Specialist Collaboration di Cisco, Marzia Giuditta Anelli, Program Leader di H-FARM, Liliana Carraro, Responsabile delle Relazioni esterne della Antonio Carraro Spa, Fabio Curto, Dottor Medico Veterinario Azienda Agricola Ponte Vecchio, Davide Morandi, titolare Allevamento Veneto Ovini. Ed è proprio all’interno degli Smau Live Show che si sono potute approfondire le esperienze delle 28 aziende vincitrici del Premio Innovazione Smau, tra cui, per citarne alcune Antonio Carraro, Pettenon Cosmetics, Comune di Venezia, Comune di Padova, A.T.E.R Padova, PadovaFiere, Università degli Studi di Trento, Regione Veneto e molte altre.
La giornata di Venerdì 31 marzo proseguirà con il calendario degli Smau Live Show dedicati all’Industria 4.0, all’Agrifood, alle Smart Communities e ai servizi alle imprese e cittadini e con le testimonianze del Comune di Thiene, di Invent, Eurac Research, LAGO, Maschio Gaspardo, Le Monfumine, Alisea, Emergenza24, Consorzio Bonifica Acque Risorgive, Mediclinic, Ausilia, Consorzio Arsènal.it e Palazzo della Salute. Venerdì 31, inoltre, sarà presente Mattia Corbetta del Ministero dello Sviluppo Economico – Direzione Generale per la Politica Industriale, la Competitività e le PMI, che nell’ambito dello Smau Live Show dal titolo “Industria 4.0: tecnologie abilitanti e servizi per innovare la filiera produttiva” in programma alle 11.30 e nel workshop che si terrà alle ore 13.00 parlerà delle opportunità del Piano Industria 4.0 per startup e imprese che fanno innovazione.
R2B | Smau Bologna, l’evento dedicato all’innovazione, al networking e alla creazione di nuove occasioni di business tra Ricerca e Sistema imprenditoriale torna alla Fiera di Bologna il 9 e 10 giugno e quest’anno punta su alcuni temi caldi tra cui Fabbrica 4.0, Commercio e Turismo, Smart Communities, StartUp e Finanza, Ricerca applicata per le imprese, Fatturazione elettronica, Internazionalizzazione. A poco più di un mese dalla seconda tappa del Roadshow 2016, R2B e Smau Bologna scaldano i motori per fare incontrare i protagonisti del mondo dell’innovazione, i migliori Partner del mondo digital, PMI e amministrazioni locali per incentivare il networking sui temi portanti dello sviluppo economico e delle politiche a sostegno della competitività delle imprese e presenta nuove iniziative come i Percorsi dell’Innovazione, l’Area 51 e i Live Show.
R2B |SMAU BOLOGNA, è l’unico evento in Italia in cui è possibile trovare un’offerta multisettoriale di tecnologie, scoprire le politiche per la competitività delle imprese, la ricerca del futuro, le innovazioni del presente, l’Europa e i mercati internazionali. Un luogo di forte concretezza per gli imprenditori e gli innovatori che guardano al futuro. R2B è promosso dalla Regione Emilia-Romagna e Bologna Fiere, in collaborazione con ASTER, il Consorzio regionale per l’innovazione, e SMAU.
Tante le opportunità a beneficio di imprese ed enti locali con l’obiettivo di supportarle nella crescita e nella competitività, tra queste l’incontro con le Startup, la presentazione degli incentivi fiscali e degli strumenti finanziari a supporto della crescita delle imprese, le attività di Networking con l’obiettivo di creare nuove Partnership e di favorire i processi di internazionalizzazione. Si parlerà inoltre di nuova manifattura digitale, con la reunion dei principali Fab Lab europei, dell’investimento sul capitale umano delle imprese più innovative che hanno trovato nelle Corporate Academy un potente strumento di competitività. Sui tavoli di Innovat&Match si pianteranno le basi per lo sviluppo di progetti e opportunità di business internazionali. Uno sguardo su uno scenario internazionale, dunque, volto ad aprire una visione sul futuro, con una full immersion anche in Silicon Valley, attraverso l’iniziativa Silicon Valley Mindset, per farsi contagiare dall’entusiasmo dell’ecosistema mondiale delle startup, per capire i perché di un successo senza confini e acquisire il mindset indispensabile a sviluppare nuove imprese di successo.
Nell’ambito dei convegni in programma e nell’area espositiva si approfondiranno aspetti come i sistemi dell’Innovazione a confronto tra politica e investimenti, la Sostenibilità dei Processi Produttivi per creare competitività e ancora, Corporate Academy con la presentazione dello studio delle Academy realizzato in collaborazione con le grandi imprese regionali; FabLab Reunion verso Fab12 in cui i FabLab nazionali ed europei dialogheranno di modelli e sviluppo in previsione di Fab12, evento che si terrà in Cina in agosto. Per proseguire con Silicon Valley Mindset un Talk con Speaker internazionali che vedrà la partecipazione di Venture Capitalist americani e imprese. Si parlerà infine di opportunità e strumenti finanziari per le PMI innovative e le startup in un programma sviluppato con il Ministero dello sviluppo Economico e la Regione Emilia-Romagna. Saranno inoltre presentati i migliori casi di successo del territorio a cui potersi ispirare, ovvero le eccellenze che hanno iniziato un processo di trasformazione digitale migliorando l’efficacia o avviando nuovi modelli di Business. Tutti i casi di successo che concorrono al Premio Innovazione R2B-SMAU saranno presentati nei Live Show. Si tratta di eventi tematici della durata di 50 minuti ciascuno, che si svolgeranno nello Studio TV e saranno divulgati anche in streaming live. Commercio e Turismo, Industria 4.0, Fatturazione Elettronica, Internazionalizzazione e Smart Communities saranno le tematiche dei Live Show, affrontate attraverso la presentazione di esperienze di adozione del digitale in azienda dalla voce diretta di manager di imprese del territorio emiliano romagnolo, con la moderazione di autorevoli giornalisti e opinionisti del settore. Ciascun Live Show si aprirà con lo speed pitching delle Startup, in cui, in 90 secondi, le giovani imprese presenteranno progetti, prodotti o servizi pronti per essere impiegati nel mercato a beneficio di imprese e amministrazioni locali, perseguendo quell’importante obiettivo di “contaminazione innovativa” che Smau si prefigge. Alla fine di ciascun evento seguiranno momenti di networking per permettere ad altre imprese e pubbliche amministrazioni di incontrare personalmente gli innovatori e capire come migliorare aspetti importanti della propria attività attraverso l’adozione delle tecnologie digitali.
Un’ampia ed articolata offerta dunque a disposizione dei visitatori che potranno identificare tra area espositiva, workshop e attività di networking i loro principali interessi. Si parlerà di competenze digitali e standard nazionali ed internazionali, normative, catalogazione, formazione e certificazione; di cambiamenti nella Privacy con il nuovo regolamento generale sulla protezione dei dati personali; di Cloud che grazie all’assenza di investimenti iniziali, il rapporto qualità/prezzo dei servizi nativi Cloud consente ai piccoli commercianti di usare le stesse soluzioni delle maggiori catene, pagando solo per l’uso effettivo. Questi solo alcuni dei numerosi workshop tenuti da autorevoli associazioni, a cui si aggiungono quelli dei relatori indipendenti specialisti e professionisti su tematiche verticali.
Per ottimizzare al meglio la propria visita e le proprie scelte di aggiornamento è attivo, gratuitamente e già nei giorni precedenti la manifestazione, un servizio di Personal Shopper per l’Innovazione, l’ R2B |Smau Discovery, che supporterà i visitatori nell’identificazione dei percorsi, nella costruzione di un’agenda incontri personalizzata one-to-one, nella selezione di workshop di aggiornamento e dei Partner più efficaci per innovare il proprio business.
R2B |SMAU BOLOGNA sarà quindi un articolato contenitore di opportunità in cui Enti, Istituzioni, Imprese, Amministrazioni locali troveranno il loro percorso tra le principali tematiche della manifestazione: Fabbrica 4.0 (industria e manifattura), Startup e Finanza, Ricerca Applicata per le imprese, Commercio e Turismo, Fatturazione e Pagamenti elettronici, Internazionalizzazione e Smart Communities declinate attraverso progetti, strumenti, strategie e soluzioni pronte per essere impiegate nel mercato. Un viaggio, dunque, “alla scoperta dell’Innovazione del territorio” attraverso percorsi innovativi “su misura” che vanno sotto il nome di Percorsi dell’Innovazione: una nuova modalità di incontro, moderna ed efficace, in grado di massimizzare le opportunità di networking e che affiancheranno la proposta dell’Area 51, un nuovo canale di incontro, confronto e aggiornamento dedicato al canale ICT sul tema delle competenze digitali e sulle novità offerte dalle nuove tecnologie. Una dimensione dedicata agli attori del nuovo ecosistema digitale, oggi in grande trasformazione. Saranno quindi System integrator, rivenditori, software house, startup a fornire soluzioni, proposte e opportunità scalabili e accessibili ad aziende e PA. Un nuovo canale pensato per rispondere ad esigenze specifiche o per permettere l’aggiornamento attraverso la presentazione di opportunità tecnologiche e digitali di ultima generazione come ad esempio il Cloud presentato in tutte le sue declinazioni.
In tutto il mondo sono oltre 3 milioni le Piccole e Medie Imprese che investono attivamente su Facebook, numero in continua crescita, aumentato del 50% in solo un anno, che conferma la strategicità della piattaforma come strumento di business al servizio delle imprese, per il raggiungimento efficace degli obiettivi di business.
Più di un miliardo di persone su Facebook sono connesse almeno a un’impresa a livello globale e, in Italia, l’87% ha almeno una connessione con una PMI. In uno scenario dove il digitale è parte integrante della vita quotidiana delle persone e dell’economia, e dove le imprese, di ogni dimensione e settore, devono poter coglierne il valore per mantenere la propria competitività e crescere, Facebook rappresenta il partner ideale per le aziende che solo in Italia possono contare su un bacino di 22 milioni di persone connesse quotidianamente alla piattaforma, di cui 20 milioni da dispositivi mobili – numeri che al mese raggiungono i 27 milioni da desktop e i 25 milioni da mobile.
Luca Colombo, Country Manager Facebook Italia:
“Aver raggiunto il numero di 3 milioni di Piccole e Medie Imprese che investono sulla piattaforma per far crescere il proprio brand rappresenta per noi motivo di grande orgoglio, nonché un ulteriore stimolo nel continuare a impegnarci a supportare le aziende di tutto il mondo perché raggiungano i propri obiettivi di business. Il mercato in cui le PMI si muovono sta cambiando profondamente e questa evoluzione rappresenta una sfida che devono essere in grado di affrontare con gli strumenti adeguati. Ciò è ancora più vero in un ecosistema, come quello italiano, dove il tessuto imprenditoriale è costituito per la maggior parte da PMI su cui, nell’ottica di consolidare il nostro ruolo di partner strategico e di guida per il territorio, continueremo a investire poiché da loro dipende la crescita e la competitività dell’Italia”.
Sempre più persone si rivolgono al web e ai propri dispositivi mobili per scoprire ed entrare in contatto con le aziende per loro più rilevanti, e, quindi, la visibilità online su mobile diventa cruciale per raggiungere il proprio target anche in mobilità. È significativo notare che i 3/4 delle Pagine di PMI attive su Facebook vengono visitate dalle persone tramite dispositivi mobili e che oltre un milione di inserzionisti crea un annuncio pubblicitario direttamente da un dispositivo mobile.
Dei 3 milioni di inserzionisti attivi, più del 70% si trovano al di fuori degli Stati Uniti. La regione con il più alto tasso di crescita è il Sud Est Asiatico, e l’Italia è tra i primi cinque paesi a crescere di più su base annua, insieme a USA, Brasile, UK, e Australia. Inoltre, a livello globale, sono più di 43 miliardi le connessioni tra persone e imprese su Facebook e i commenti postati sulle pagine ogni mese sono più di 2.5 miliardi.
Oltre al mobile, sono sempre più le aziende che fanno uso di video come strumento di valore per coinvolgere in modo creativo il proprio target: il numero di video postati per persona è infatti cresciuto del 90% in Italia, e, a livello globale, le visualizzazioni video quotidiane hanno raggiunto gli 8 miliardi e più del 75% dei video visualizzati su Facebook vengono fruiti da mobile. L’esplosione del fenomeno video su Facebook introduce la necessità per le aziende di riconsiderare l’aspetto creativo del video advertsing che rappresenta un’enorme opportunità. Per rispondere quindi alla necessità delle imprese di avere a disposizione strumenti sempre più efficaci, Facebook ha annunciato oggi il nuovo tool Your Business Story, in grado di offrire alle imprese la possibilità di creare in modo semplice e immediato dei video che raccontino la propria storia di business. Grazie a Your Business Story le aziende possono condividere qualsiasi aspetto del proprio business, per un più efficace storytelling del brand.
Il valore del recupero di produttività per l’anno 2015, legato all’adozione di dispositivi Mobile a supporto dei dipendenti, si stima attorno ai 10 miliardi di euro nel 2015.
Questo è l’effetto della diffusione della Mobile Enterprise, ovvero l’adozione di Mobile Device, di Mobile Biz-App e delle piattaforme di gestione per favorire la mobilità dei dipendenti.
Le imprese italiane nel 2014, per dotare i propri dipendenti di queste soluzioni, hanno speso 2,2 miliardi di € con una crescita del 18% rispetto all’anno precedente, valore che l’Osservatorio Mobile Enterprise della School of Management del Politecnico di Milano stima toccherà quota 2,5 miliardi nel 2015, con un’ulteriore crescita del 15%.
La ricerca annuale dell’Osservatorio, giunto all’11° edizione, approfondisce criticamente il ruolo che le soluzioni Mobile possono svolgere a supporto dei processi di business, identificandone il grado di diffusione, i principali impatti, i benefici e le criticità.
La gran parte degli investimenti dedicati alla Mobility è ancor oggi legata ai dispositivi: infatti il 68% della spesa delle imprese in Mobile Enterprise è relativo all’acquisto di Smartphone, Tablet, Notebook e altri Terminali industriali; il 25% è legato alla componente Mobile Biz-App, ossia le applicazioni software che consentono di sfruttare al meglio i Mobile Device per le proprie attività lavorative; mentre il 7% è relativo alle piattaforme di gestione del nuovo ecosistema Mobile aziendale, ovvero le soluzioni di Enterprise Mobility Management, che consentono il download delle Biz-App, il loro aggiornamento, la gestione e la sicurezza dei dati sui dispositivi.
La consapevolezza dei vantaggi offerti dalle soluzioni della Mobile Enterprise è ben presente nella gran parte delle Grandi e Medio Grandi Imprese italiane, ma è invece ancora spesso carente nelle PMI. La ricerca condotta su un campione statisticamente significativo di PMI italiane evidenzia, infatti, un quadro di adozione limitata del paradigma della Mobile Enterprise, che testimonia la mancata percezione di rilevanza delle soluzioni Mobile a supporto del business:
- solo poco più di una PMI su 4 assegna, per il 2016, un grado di priorità alto o medio alto agli investimenti in progetti ICT a supporto della Mobility nelle proprie organizzazioni;
- quasi una PMI su 4 non ha ancora introdotto in azienda alcun Mobile Device, né Notebook, né Smartphone, né Tablet;
- solo il 25% delle imprese ha già introdotto Mobile Biz-App a supporto dei propri processi di business, mentre ben il 60% dichiara di non aver alcun interesse né esigenza di introdurre App a supporto del business.
Marta Valsecchi, Direttore dell’Osservatorio Mobile Enterprise del Politecnico di Milano:
“La limitata diffusione di soluzioni Mobile Enterprise nelle PMI è dovuta anzitutto a budget dedicati all’ICT molto limitati e in contrazione da anni, spesso in grado di coprire solo i costi di manutenzione. Inoltre in quasi 2 PMI su 3 manca (ancora) una vera e propria Direzione (IT), che governi e stimoli i progetti di innovazione e sappia cogliere le opportunità della Mobility per il proprio Business. Si conferma, quindi, l’incredibile deficit culturale delle nostre PMI nei confronti del digitale. Eppure le PMI italiane dovrebbero avere chiaro che la sfida della competitività non si gioca solo assicurando i prodotti o i servizi migliori, ma con processi più agili, con maggiore flessibilità e con decisioni più tempestive grazie a informazioni e dati accessibili con rapidità e in qualunque luogo. Fortunatamente, in questo scenario, non mancano casi concreti di piccole imprese in cui la fiducia nella Mobile Enterprise ha già portato alla realizzazione di progetti ampi, efficaci, poco costosi e che hanno consentito di generare grande valore, anche innovando significativamente il modello di business”.
Nel mercato della Mobile Enterprise, esiste un ecosistema dinamico di attori in grado di proporre innovazioni continue sia tecnologiche sia di business a supporto della digital trasformation delle aziende.
In questa edizione di Caffè Sospeso, Gian Franco Stucchi riporta alcune linee guida per trasformare il web in una leva strategica per ottenere una serie di vantaggi competitivi.
È possibile comprendere appieno il potenziale che Internet può fornire a un’organizzazione (orientata al profitto o non-profit) analizzando le tecnologie adottate e confrontandole con gli impieghi “best-of-class” già realizzati e le implementazioni più efficaci già sviluppate per il supporto della competitività.
In generale si osserva che il principale fattore critico di successo è il grado di allineamento delle applicazioni web-based ai requisiti di business, una metrica, dinamica nel tempo, che condiziona pesantemente la capacità di rimozione dei limiti organizzativi e favorisce o ostacola la nascita delle cosiddette “imprese estese”, che, a loro volta, aprono nuove opportunità strategiche per organizzazioni di ogni genere e dimensione.
Le linee guida riportate nel seguito riguardano l’applicazione esterna all’organizzazione in esame delle tecnologie afferenti o derivate da Internet. Negli scenari descritti, il web assurge al rango di leva strategica per la conquista di una serie di vantaggi competitivi. Il principio ispiratore delle applicazioni è quello di gestire l’incertezza del mercato in un ambiente di business continuamente sotto tensione e pervaso da turbolenze a priori imprevedibili com’è quello attuale.
Uso delle web-tech per fornire servizi informativi ai clienti. La business idea è di attirare i clienti investendo in Internet e nell’e-business cioè realizzando degli strumenti di interazione che consentono di offrire ai clienti servizi unici ed essenziali (o almeno ritenuti come tali). I primi esempi vennero da FedEx, che realizzò un sistema che consentiva ai clienti di tenere traccia delle proprie spedizioni tramite un utilizzo innovativo della home page, e da Wells Fargo Bank che facilitò l’online banking grazie ad una notevole semplificazione delle proprie pagine web.
Trasformare i servizi informativi in prodotti. Si può pensare di estendere la nozione di “servizio offerto” ai prodotti informativi interni e trasformare in centri di profitto l’unità organizzativa Sistemi Informativi. Era già accaduto in passato con il sistema SABRE (Semi-Automated Business Research Environment), un sistema realizzato negli anni Sessanta da IBM per American Airlines e utilizzato da compagnie aeree, ferroviarie, catene di hotel e agenzie di viaggi. SABRE diventò una delle principali fonti di reddito per l’American Airlines grazie al fatto che molte agenzie di viaggi pagarono somme significative per disporre dei suoi servizi estesi. In maniera simile, la tecnologia e i servizi informativi proprietari che un’impresa sviluppa, possono essere trasformati in provider di servizi informativi dedicati o erogati da organizzazioni ad hoc, nate per “gemmazione” (spin-off) dall’impresa-madre. Le società di servizi informativi che operano a livello globale e di e-commerce sembrano essere particolarmente mature per poter cogliere questo tipo di opportunità.
Monitorare il comportamento del mercato e dei clienti. I database di marketing si sono dimostrati un’arma potente per la raccolta di informazioni di fondamentale importanza per lo sviluppo di nuovi prodotti. Il fattore-chiave del loro successo è la capacità di sfruttamento di interfacce onnipresenti (coupon, acquisti, riparazione, sondaggi e altro) e nella trasformazione dei dati raccolti in informazioni complesse destinate a utilizzi strategici.
Un’ampia implementazione delle funzionalità di gestione dell’ambiente socio-economico in cui è inserita dovrebbe includere non solo i clienti, ma anche i fornitori e altri partner dell’impresa estesa, inclusi gli utenti esterni di Internet. Essere in grado di analizzare le esigenze informative di questi utenti esterni entro il contesto delle loro imprese, impiegando Internet per soddisfarne i bisogni, può produrre numerose opportunità di business per l’azienda “in estensione”. I principali vantaggi strategici li otterranno quelle aziende che saranno in grado estendere sempre più la loro sfera d’azione e la portata dei loro “sensori estesi” e di utilizzare il feedback ricevuto per migliorare i processi di business interni ed esterni.
Il secondo gruppo di linee guida è orientato al miglioramento della funzione produttiva di un’impresa, misurata in termini di costi e qualità. All’interno dell’azienda dovranno essere creati dei collegamenti che consentano di mettere in comunicazione tutte le fasi dei vari cicli produttivi, tenendo conto dei diversi livelli di granularità (prodotto, componente, parte), flussi (informazioni, materiali) e settori aziendali o business unit (amministrazione, produzione). Questo permetterà di creare una rete di canali principali di comunicazione per ridurre l’incertezza interna all’azienda e migliorare la condivisione delle risorse all’interno dell’azienda estesa, permettendo così un’ottimizzazione globale delle prestazioni.
Impiegare e distribuire Internet nei processi di produzione. Un sistema produttivo in grado di fornire prodotti di elevata qualità a un costo inferiore rispetto alla concorrenza costituisce il principale vantaggio strategico che un’azienda possa desiderare. Internet, utilizzato per sfruttare la collaborazione tra persone o business unit, viene spesso impiegato come infrastruttura per la connettività interna all’azienda (per sostenere la concurrent engineering, per esempio) nelle imprese di produzione e in quelle operation-oriented (per esempio quelle appartenenti al settore della distribuzione della posta o le imprese del comparto GDO). Nuove opportunità strategiche per Internet sorgeranno anche dalla creazione di feedback per completare o perfezionare un ciclo di produzione e dalla connessione di tutti i cicli tramite collegamenti di tipo forward e feedback, che preparano la strada per l’allineamento dinamico tra IT e business.
Connettere i sistemi amministrativi con i sistemi di produzione. Inizialmente l’IT fu applicata alle funzioni di business administration, quindi, in seguito, venne applicata alla produzione, ma queste due funzioni vennero mantenute separate. Mettendo in comunicazione il flusso delle informazioni con il flusso dei materiali, l’integrazione tra le informazioni consente oggi di abbattere le barriere che separano la produzione dall’amministrazione.
Un esempio interessante, che mostra l’importanza di questo collegamento, è dato dalla gestione e dal calcolo dei costi basati sulle attività (activity-based costing) dove la classica funzione amministrativa di contabilità viene condotta sulla base del monitoraggio degli allineamenti delle risorse in relazione alle varie attività. Questo monitoraggio deve essere svolto online e in tempo reale. La TQM (Total Quality Management) si basa anch’essa sull’impiego di informazioni provenienti dalla produzione e dall’amministrazione. Sincronizzare e allineare l’amministrazione e la produzione su una base online e in tempo reale consente di ottenere informazioni decisionali di indubbia utilità per supportare un’azienda di produzione agile e snella, il che è sicuramente un altro punto a favore dell’utilizzo strategico di Internet.
Di seguito sono presentate alcune linee guida per una pianificazione dell’IT di gamma alta che prevede la ridefinizione dei processi di business e un’integrazione nativa dei dati aziendali. Sono queste due condizioni necessarie, ma non sufficienti, per realizzare la transizione dalla visione dell’impresa tradizionale a un modello di impresa estesa e di tipo information-driven.
Pensare in termini di impresa estesa. Tutte le discussioni in merito ai sistemi di produzione interni e all’amministrazione aziendale possono essere ugualmente applicati ai sistemi virtuali di un’impresa estesa. Le opportunità strategiche per razionalizzare le operazioni aziendali al fine di conquistare sinergia ed efficienza sono praticamente illimitate. Il fatto che esistano vincoli e difficoltà tremende che ostacolano la piena applicazione della tecnologia dell’informazione in un’azienda estesa è anche la ragione della sua immensa portata. Il settore dell’assistenza sanitaria è indubbiamente il terreno più fertile su cui questo concetto può produrre vantaggi significativi. Le opportunità derivanti dal poter mettere in comunicazione pazienti, ospedali, medici, organizzazioni statali e istituti di ricerca attraverso l’integrazione delle informazioni sono immense. Opportunità simili si offrono naturalmente anche a molti altri settori. Internet è infatti uno strumento pratico ed economico che può consentire questo genere di integrazione.
Stabilire o espandere le imprese di informazione. Il modo tradizionale di pensare all’impresa si concentra solo sull’azienda di prodotti, risorse e sul mercato. Parallelo al mondo delle aziende tradizionali esiste il mondo altrettanto vasto delle imprese di informazioni che operano nel cosiddetto “cyberspazio”, alle quali è possibile applicare lo stesso modello di business. Si potrebbe per esempio realizzare un centro medico virtuale utilizzando gli strumenti medici posti nelle abitazioni dei pazienti e collegandoli con dottori e ricercatori tramite sistemi di telecomunicazioni multimediali. Allo stesso modo un server di informazioni o un clearing house di terze parti potrebbe mettere a disposizione delle proprie aziende clienti, inventari e altre risorse condivise grazie all’integrazione delle informazioni secondo lo schema di un’azienda estesa. Un sistema di logistica dell’esercito potrebbe essere integrato nel cyberspazio con funzionalità di visualizzazione, simulazione e gestione delle informazioni globali. O ancora, una classe virtuale di studio potrebbe essere ottenuta unendo laboratori virtuali, corsi multimediali e naturalmente il Web, al fine di consentire l’apprendimento a distanza. Quando si pianifica questo nuovo tipo di imprese di informazioni globali e di e-commerce è possibile utilizzare i tradizionali paradigmi modificando semplicemente la prospettiva.
Le applicazioni della tecnologia dell’informazione sono solitamente motivate e giustificate in virtù del risparmio che producono in termini di costi e spese. Per superare questo criterio e sfruttare le nuove opportunità strategiche è necessario cambiare i criteri di valutazione adottati. Un’azienda può valutare l’adozione della tecnologia dell’informazione in base a tre criteri fondamentali di microeconomia: riduzione dei costi di transazione, aumento dei vantaggi in termini di valore e benefici, struttura aziendale. In teoria, la rappresentazione migliore del ruolo della tecnologia dell’informazione è data dal suo impatto sulla funzione di produzione aziendale. Si potrebbe sostenere che le informazioni costituiscono il quarto fattore produttivo fondamentale in aggiunta al lavoro, ai processi e al capitale. In realtà però, una tale funzione non è molto pratica per nessuna azienda e così questi criteri diventano spesso utili surrogati per la teoria della funzione di produzione. Essi possono non essere specifici a sufficienza per quantificare il valore dell’e-business in termini operativi, comunque sono sufficientemente validi per gettare luce sulle analisi qualitative richieste per pianificare questo tipo di impresa.
Il Web offre opportunità uniche, che non hanno precedenti per le aziende esistenti. Poiché si tratta di una tecnologia innovativa, che si evolve a un ritmo estremamente veloce, non esistono ancora dei modelli stabili che consentono di comprendere pienamente gli utilizzi di business del Web. Per tale ragione si adottano spesso due paradigmi – quello dell’analisi della value chain e quello dell’economia dei costi di transazione – come mezzi per comprendere in che modo il Web possa rivelarsi utile per le aziende, aiutandole a formulare strategie adeguate.
L’aspetto economico delle aziende Web-based è intimamente correlato alle informazioni come fattore di produzione e alla crescente importanza che tale fattore sta guadagnando rispetto agli altri fattori produttivi, grazie alla riduzione dei costi della tecnologia dell’informazione, alla diffusione delle reti e alla diffusione dell’alfabetizzazione degli utenti all’uso del computer.
Di Gian Franco Stucchi
Nexive ha lanciato Multi Formula Self, soluzione innovativa che inaugura un nuovo modo di fare posta, integrando servizi fisici e digitali per rispondere alle esigenze delle PMI italiane in linea con gli attuali vincoli normativi, dalla PEC alla fatturazione elettronica.
Nexive guida quindi l’evoluzione del mercato postale in uno scenario i cui i servizi digitali sono in crescita ed entro il 2019 si stima un incremento di quasi il 50% dei servizi di recapito digitale.
Multi Formula Self permette anche alle realtà più piccole di gestire al meglio le proprie comunicazioni affidandosi a un’economica piattaforma on demand senza necessità di licenze software e di dedicare risorse alla gestione di servizi e fornitori diversi.
Accedendo a un unico punto di contatto, è possibile caricare i propri file, elaborarli e recapitarli secondo le modalità più adatte alle proprie esigenze, che si tratti di stampa e recapito fisico, di e-mail o PEC, di fatturazione elettronica alla PA o di archiviazione digitale e conservazione sostitutiva.
La soluzione offre in particolare una risposta alla necessità delle oltre 2 milioni di imprese fornitrici della PA di adempiere all’obbligo normativo di fatturazione elettronica, in vigore da Giugno 2014 verso la PA Centrale e da Marzo 2015 verso la PA Locale, facendosi carico della gestione della fattura secondo le disposizioni di legge e aiutandole a ottimizzare tempi e costi legati ai tradizionali processi amministrativi.
Secondo i dati del Politecnico di Milano, dal 31 marzo sono già state trasmesse 7,7 milioni di fatture elettroniche, con la prospettiva che a regime se ne arrivino a scambiare oltre 50 milioni ogni anno, ma solo 300.000 aziende hanno già inviato una fattura elettronica, perciò una soluzione semplice come Multi Formula Self può aiutare le PMI e le microimprese che non avendo un IT strutturato faticano ad aggiornare le proprie procedure amministrative.
Multi Formula Self amplia l’offerta multicanale di Nexive, che tra i suoi servizi digitali comprende anche una soluzione dedicata alle aziende di dimensioni più grandi con un team IT strutturato: Multi Formula, un motore di dispatching multicanale, che nell’ultimo anno ha contribuito alla competitività di molte imprese italiane.
Coffee Time oggi parla di PMI e cultura digitale: prima di pensare a risolvere i problemi, li devi scovare!
Ho parlato di questo tema durante il mio workshop il 5 giugno allo SMAU di Bologna. Un tema che di fatto porta in se tre grandi temi attuali e dir poco ‘pesanti’: cultura digitale, PMI e problemi. Partiamo allora dal primo grande tema: cos’è la cultura digitale? Perché parlare di cultura digitale?
Di cultura digitale ne parlo nel mio libro che si intitola ‘Cambia testa e potenzia la tua azienda con la cultura digitale’ .
In genere quando chiedo alle persone, ai responsabili di PMI cos’è per loro la cultura digitale ricevo due tipi di risposte: il rifiuto totale o l’accondiscendenza totale. Nel primo caso la mentalità ‘ho sempre fatto così, perché cambiare?’ ha la meglio, nel secondo l’atteggiamento è quasi un falso-positivo ‘facciamo tutto perché lo fanno tutti’.
Esiste però una terza reazione che nel mio piccolo cerco di provocare che è quella del partito dei miei ‘sciur Bianchi’ (il modo con cui anche nel libro parlo al piccolo imprenditore o professionista), ovvero coloro che si chiedono: perché? Perché abbracciare il cambiamento? Dove mi porterà?
Ecco allora che cultura digitale non è da intendersi come tecnologia, web o social network che, per carità, sono fondamentali, ma come un cammino, un percorso di cambiamento in costante divenire che porterà la tua azienda a migliorare e affrontare le nuove sfide che il futuro ci prospetta.
Per fare questo è necessario compiere degli step, dei veri e propri esercizi che ti porteranno a modificare il tuo approccio per poi influenzare quello dei tuoi collaboratori. Ecco allora che il primo step necessario è quello di scovare i reali problemi, quelli che stanno alla radice e che troppo spesso noi non vogliamo vedere. Il problema è che cala il fatturato? No, spesso questa è una drastica conseguenza di atteggiamenti anti-collaborativi e propositivi che magari tu nemmeno ti sogni di avere nella tua organizzazione.
«Niente è più difficile da vedere con i propri occhi di quello che si ha sotto il naso». Johann Wolfgang Goethe
Nessuna frase fu più vera. Per convinzioni, abitudini, routine, istinto spesso siamo noi i primi artefici di questi danni, di questi problemi. Ma, attento: l’approccio corretto a questo tema deve essere propositivo e il perché ce lo spiega la definizione della parola ‘problema’ che per Treccani è: ‘
«Ogni quesito di cui si ritenga necessaria o si proponga la soluzione»
Non qualcosa di negativo, da non affrontare, ma un quesito che si vuole risolvere proponendo una soluzione per migliorare.
Come fare allora a scovare i tuoi problemi? Io ti propongo 7 step:
1) Dimentica le vecchie soluzioni che hanno avuto successo. Hanno avuto successo in passato, punto. Trova nuove strade
2) Umiltà nel voler cambiare per uscire dall’immobilismo. Se non cambi prima tu la testa, come puoi pretendere che lo facciano gli altri?
3) Chiediti: cosa potrei (ancora) peggiorare? Questo è un esercizio di stile e molto creativo. Ok, così le cose vanno male? E con il tuo immobilismo o con azioni sbagliate quanto ancora potrebbe peggiorare? E dove? Vedrai che per la legge del contrario sarai ispirato verso azioni da intraprendere
4) Immagina la tua PMI migliore: come sarebbe? Allo stesso modo immagina il meglio per te e adoperati perché passo dopo passo questo sogno si realizzi.
5) Coraggio di affrontare situazioni scomode. È inutile che ci giri intorno, che le eviti. Dovrai anche tu necessariamente affrontare situazioni che non ti piacciono, ma è tua responsabilità.
6) Scovare le situazioni di resistenza nella tua PMI (anche in te!). Smettila di resistere e cerca di capire tra i tuoi collaboratori come appianare conflitti e attriti.
7) Obiettivo chiaro. L’obiettivo deve essere chiaro e in focus: aumentare il fatturato non è un obiettivo chiaro se sai che i tuoi collaboratori non sono attivi e non partecipano alla vita aziendale, se non rispondono a telefonate o si sentono avviliti perché non gli ricordi mai quanto sono importanti…
Inizia a riflettere su questi punti e poi agisci. Come fare? Col primo esercizio che troverai sul mio libro e che ti aiuterà a evidenziare in modo semplice (e non banale) i punti critici che nella tua azienda ti stanno facendo fare acqua.
Prima però di iniziare questo percorso, ricorda che molto, tutto, dipenderà da te. Sei tu che devi cambiare testa e fare il salto di qualità:
«Ci sono sempre due scelte nella vita: accettare le condizioni in cui vivi o assumersi la responsabilità di cambiarle». -Denis Waitley-
…e che la forza del cambiamento sia con te!
Se sei incuriosito da questi temi, ti invito a visitare il mio blog e a seguirmi sui principali social network.
QUI, se vorrai, potrai scaricare gratuitamente le prime 33 pagine del mio libro
Ti auguro uno splendido #futurosemplice !
Rosa Giuffrè
Consulente di Comunicazione e Blogger
Sempre più aziende si stanno affacciando all’ecommerce poiché è il momento giusto. Ciò porta ad una crescita naturale della competizione nazionale e il mercato online diventa sempre più saturo. E dunque: perché non vendere anche all’estero?
Un progetto di internazionalizzazione (seppur apparentemente limitato solo all’online) è spesso sottovalutato e i problemi sono molteplici.
Immaginate all’estero, dove cambiano abitudini, costumi, religioni, culture e tanti altri aspetti!
Il primo problema è rappresentato dalla lingua. I nostri potenziali clienti vogliono parlare la loro lingua madre quando chiamano al servizio clienti, vogliono consultare e leggere un sito web non in inglese. L’azienda deve pertanto strutturarsi con del personale competente, in grado di assistere i clienti anche in orari a noi “scomodi” (a causa del fuso orario, ad esempio).
Un secondo problema da affrontare è legato ai servizi/prodotti offerti e a come questi vengono percepiti o impiegati nella cultura di riferimento. L’olio extravergine d’oliva è un condimento alla base della nostra alimentazione.
All’estero non è così scontato…
In alcune nazioni cambia anche l’uso e la frequenza degli strumenti di comunicazione.
Se in Europa e in USA il motore di ricerca di riferimento è Google, in Russia troviamo Yandex, che è anche portale di informazione, pensato per i russi.
Anche i social network cambiano: Facebook è sostituito da Vkontakte, con logiche simili ma non identiche.
Di Daniele Rutigliano – Aproweb
La riorganizzazione delle imprese può essere una strategia vincente purché si trasformi in un’attitudine mentale e operativa continua. In questo Caffè Sospeso di Gian Franco Stucchi sono descritti tre tipi di approcci: il Re-structuring, il Re-engineering e il Re-thinking.
“Il BPR è il ripensamento fondamentale e la ricostruzione radicale dei processi aziendali effettuati con l’obiettivo di migliorare le prestazioni critiche, quali i costi, la qualità, il livello di servizio ed il time-to-market”.
Questa definizione, dovuta ai fondatori del BPR (Business Process Reengineering), in pratica propone che si esamini l’intero complesso delle operazioni aziendali esistenti e lo si riprogetti per realizzare la strategia di miglioramento del servizio al cliente, che attualmente è, in assoluto, quella vincente in tutti i comparti. Posta in questi termini, non è che questa tanto conclamata disciplina aggiunga molti contributi alla cultura manageriale corrente. Infatti, scremata dalle grazie terminologiche ed estetiche, dovute all’eleganza della definizione, il BPR sembra l’ennesimo precetto da “Consulting Firm”, inventato per produrre nuove fonti di laute parcelle mediante la diffusione di messaggi terrorizzanti. Questa conclusione sarebbe vera se ci si limitasse a considerare il BPR in modo molto superficiale, prescindendo dalle motivazioni profonde che determinano la necessità di una riorganizzazione continua delle imprese a causa di un contesto economico e sociale in continuo divenire, che rende sempre più difficile il mantenimento dei livelli di competitività.
Le motivazioni che portano alla riorganizzazione delle imprese sono molte e di natura diversa. Alcune hanno un’origine contingente e sono legate alla singola situazione, all’area geografica, al segmento di mercato; altre, invece, sono strutturali, di portata globale, ed investono tutte le aziende, poiché non sono gestibili dalla singola entità ma rappresentano il risultato di un insieme di componenti, esogene ed endogene, assolutamente incontrollabili in modo puntuale.
In altri termini, la complessità ambientale è tanto alta e “mercuriale” che non è incapsulabile e gestibile dalla singola impresa. Nel seguito, si riportano, come esempio, alcuni fattori di turbolenza, emersi nel corso degli ultimi tempi, che si sono mostrati fortemente condizionanti nei confronti dell’esistenza e del posizionamento competitivo delle imprese.
– La caduta delle barriere e i movimenti valutari. La caduta delle barriere tra i mercati creano delle situazioni di prezzi dei prodotti e di costi dei fattori produttivi strutturalmente diversificate. Si noti, per esempio, che il costo del lavoro (medio orario) in Europa è superiore a quello dei Paesi Asiatici; inoltre, sin dai tempi della caduta degli accordi di Bretton Woods (http://www.borsaitaliana.it/notizie/speciali/fondo-monetario-internazionale/storie-funzioni/fmi-fine-sistema-di-bretton-woods/fmi-fine-sistema-di-bretton-woods.htm) , nei primi anni ’70, le disparità e la mobilità dei costi e dei prezzi sono rinforzati da movimenti valutari di ampia portata che portano alla sopravvalutazione o alla sottovalutazione di una moneta. Ne discende che, per una sorta di principio dei vasi comunicanti, la produzione o viene trasferita in paesi nei quali è possibile costruire a costi inferiori, oppure viene realizzata grazie ad impianti fortemente innovativi, nei quali sono ampiamente recuperati i concetti di ottimizzazione dei processi.
– Il legame tra il potenziale produttivo e le tecnologie dell’informazione. Le nuove tecnologie, soprattutto quelle relative al trattamento ed alla distribuzione dell’informazione, portano ad una rapida obsolescenza dei processi produttivi – e, quindi, degli impianti dedicati alla loro realizzazione – determinando anche l’obsolescenza delle strutture organizzative concepite per la creazione e la distribuzione dei prodotti. Esse, inoltre, entrano come componenti essenziali delle nuove entità prodotte, che, non a caso, oggi assumono il nome di “prodotto/servizio” per indicare l’intima connessione tra il “core” dell’entità e i “peripheral” che la arricchiscono e la distinguono. Lo scenario è reso ancora più complesso dalla pervasività che caratterizza l’ambito tecnologico: una tecnologia nasce in un campo e si propaga velocemente negli altri, anche non immediatamente affini, incrementando il grado di complessità strutturale dell’ambiente e il livello di competizione nel mercato.
– L’atteggiamento dei consumatori. Il profilo del consumatore medio è notevolmente mutato: è più critico, più attento, ricerca il prodotto o il servizio che offre il miglior rapporto qualità/prezzo, è sempre meno “leale”. Questa evoluzione comportamentale deve essere recepita – addirittura anticipata – dalle imprese, tanto forte è l’influenza che provoca sul posizionamento competitivo dei prodotti e dei servizi offerti. Si pensi, per esempio, all’evoluzione ambientale e comportamentale in atto in molte filiali bancarie: cadono le barriere architettoniche dei vecchi sportelli protetti da vetri blindati e si creano delle salottiere “isole di conversazione” nelle quali i funzionari ed i clienti, seduti ai due lati contigui di una scrivania, trattano i loro affari con maggiore privacy e confidenza.
– Le concentrazioni nel sistema distributivo. Le imprese di distribuzione tendono a concentrarsi formando agglomerati dotati di forti poteri d’acquisto che condizionano la struttura del sistema di approvvigionamento e di distribuzione e inducono rilevanti ristrutturazioni, sia nella logistica a monte, sia in quella a valle. La competizione a livello di prezzi al consumo provoca anch’essa, inevitabilmente, una revisione organizzativa per recuperare nei costi i margini ceduti a livello di prezzi.
– La riduzione dei sussidi per le imprese in crisi. In Italia, in passato, l’assistenzialismo ha assunto gli aspetti più deteriori, consentendo la sopravvivenza, a spese del contribuente, di aziende decotte ed inefficienti. Oggi questa situazione non è più ammissibile, per cui il grado di inefficienza di un’impresa deve essere drasticamente ridotto agendo con tutte le leve disponibili – organizzative, produttive e finanziarie – sui costi e sui ricavi.
– La caduta dei monopoli e le privatizzazioni.
La logica dell‘Unione Europea porta alla caduta dei monopoli, soprattutto di proprietà pubblica, e alla privatizzazione di quegli Enti che hanno goduto, per decenni, di posizioni di rendita normalmente associate a una gestione estremamente inefficiente. La caduta dei monopoli e le privatizzazioni, singolarmente e congiuntamente, costituiscono due rilevanti motivi per la riorganizzazione anche perché sono sempre condizionate dall’attesa, da parte degli azionisti, di un ritorno economico degli investimenti.
l fenomeni elencati, si ribadisce, sono di tipo strutturale e non contingente; essi valgono in generale, non sono tipici di una situazione, non è possibile sottrarsi alla loro influenza ed impongono alle imprese un cambiamento paradigmatico, necessario per evitare uno spiazzamento che può assumere due forme: strategico e organizzativo.
Lo spiazzamento strategico riguarda il prodotto o il servizio offerto e tutto quanto vi è di affine o di consequenziale: le aree produttive, i componenti, i mercati – settori e zone geografiche – , etc.
E’ un tipo di spiazzamento molto grave, di difficile soluzione, e richiede un grande impegno da parte di tutte le risorse (umane, economiche, finanziarie) mobilitate dall’impresa per essere superato grazie a un riposizionamento strategico dell’offerta o, più incisivamente, dell’impresa stessa.
Lo spiazzamento organizzativo riguarda le modalità di creazione dei prodotti e dei servizi; è certamente, almeno inizialmente, meno grave dello spiazzamento strategico ma spesso ne costituisce il prologo o la causa scatenante. Ne discende che certi processi di riorganizzazione proattivi – cioè non passivi, tendenti ad anticipare gli eventi critici per lo spiazzamento organizzativo – riescono a estendere la loro portata a livello superiore, evitando lo spiazzamento strategico. Questa conclusione, di natura sperimentale, cioè rilevata sul campo della contesa competitiva, è molto importante, anche se appare quasi pleonastica.
Le imprese, dunque, devono assumere come stato esistenziale quello della complessità e della turbolenza ambientale al quale reagire grazie al riposizionamento strategico e alla riorganizzazione continua, allineando, dinamicamente e flessibilmente, la visione con la prassi, la strategia con la struttura, i prodotti con i processi, le risorse con le tecnologie.
Gli specialisti di Management Science e di Organizzazione, di origine statunitense e sempre molto fecondi nel coniare nuove sigle e denominazione accattivanti, indicano tre vie, i “Tre Re-“, per la riorganizzazione delle imprese: Re-structuring, Re-engineering, Re-thinking.
Si noti come queste correnti di pensiero, seguendo una moda corrente, inizino tutte con il prefisso “Re-“, intendendo con questo sottolineare, già nella denominazione, la comune filosofia sottostante, che consiste nel recupero, continuo e in una nuova ottica perennemente adeguata alle condizioni esterne, del patrimonio globale di un’impresa, costituito da tutte le sue risorse, di qualunque natura esse siano (culturali, economiche, finanziarie, organizzative, etc).
Questa osservazione non costituisce un distinguo di tipo linguistico, ma è inerente alla natura intrinseca, sostanziale, dei Tre Re-.
I progetti di tipo Re-, piuttosto diffusi e fortemente finanziati, registrano alti tassi di insuccesso proprio perché vengono condotti in manifesta antitesi con la filosofia sottostante ed impiegati solo per giustificare, occasionalmente, feroci salassi di personale. Questa è la forma più truce delle ristrutturazioni – a volte necessaria, più spesso destinata a clamorosi fiaschi – poiché incide, solo minimamente e occasionalmente, sui costi ma non crea alcun vantaggio competitivo che consenta un riposizionamento strategico dell’impresa.
I Tre Re- sono delle categorie nelle quali rientrano metodologie e tecniche di ottimizzazione dei processi dell’impresa che presuppongono la definizione una funzione obiettivo e di un insieme di vincoli. La funzione obiettivo non può limitarsi, sempre ed esclusivamente, alla mera riduzione di costi (a furia di dimagrire, si diventa anoressici e… si defunge) , ma richiede una visione, una strategia e una prassi, tutte qualità essenziali per un management efficace e accorto. L’insieme dei vincoli non può essere tanto pesante da impedire lo sviluppo e gli investimenti in risorse (soprattutto umane): questi sono elementi che dovrebbero comparire non già come vincoli, ma come componenti della funzione obiettivo.
Il Re-structuring si focalizza sulla singola “scatola” organizzativa, proponendosi di ottimizzarla senza alcun intervento di tipo globale e prescindendo dalla portata, sempre più ampia, delle singole attività o dei singoli processi che pervadono le unità organizzative confinanti. I progetti di Re-structuring sono di tipo “ex-post”, reattivi, concepiti ed attivati in condizioni d’emergenza.
Le tecniche impiegate sono basate sui numeri (per esempio il benchmarking), esprimono indicatori di efficienza della singola unità, si propongono di scremarla da tutti gli orpelli e i vincoli accumulatesi nel tempo, e producono spesso dei risultati traumatici, quali il downsizing e l’outsourcing. Questi termini, piuttosto noti agli specialisti informatici, si riferiscono anche ad altri settori aziendali quali: l’amministrazione, la gestione del personale, i servizi generali, la logistica. In alcuni casi viene coinvolta anche la produzione e si assiste a un fenomeno di esternalizzazione, se non del prodotto finito, almeno di un semilavorato di altissimo livello ad esso molto prossimo.
Il Re-engineering – e in particolare la sua tecnica più nota, il BPR – se utilizzato in forma riduttiva, degrada rapidamente nella categoria del Re-structuring. La reingegnerizzazione dei processi deve basarsi su modelli diversi da quelli in atto, che rappresentano la realtà pregressa, ma, focalizzandosi sul cliente interno ed esterno, adottare modelli di riorganizzazione che siano globali ed anticipatori. Solo in questo modo la riorganizzazione risultante sarà efficace, non traumatica, adeguatamente condivisa dal personale e continuamente sostenuta dal management. Si noti, infatti, che, secondo le stime effettuate da alcune società di consulenza, il 60% degli interventi di tipo BPR incontra dei problemi imprevisti o degli effetti collaterali indesiderati proprio a causa dell’emergenza di fattori critici “soft”, quali: la motivazione, la mancanza di impegno da parte della direzione, le pesanti resistenze “politiche” del personale. I progetti di reingegnerizzazione non devono limitarsi alla singola “scatola” organizzativa, ma, appunto perché ispirati da una visione globale, focalizzarsi sui processi, coinvolgere tutte le unità organizzative. Il BPR si distingue da un intervento di Re-structuring perché collega l’approccio ai problemi, le tecniche da adottare e gli strumenti utilizzati nel processo di cambiamento con l’obiettivo strategico dell’impresa.
L’aspetto innovativo non consiste tanto nei metodi e nei contenuti, quanto nell’integrazione tra questi e costituisce la vera novità della disciplina, tendente a stabilire un nuovo paradigma risolutivo, estremamente efficace, basato sul concetto dei “processi di business”. La produzione, per esempio, non deve essere considerata solo dal punto di vista manifatturiero, ma deve coinvolgere anche la funzione di ricerca e sviluppo, la progettazione, il marketing, le vendite. Un altro esempio è fornito dagli acquisti: non è sensato tentare un’ottimizzazione di questa funzione prescindendo dalle interconnessioni interne ed esterne; più corretto è l’approccio del BPR che tende ad inquadrarla nel contesto di un’ottimizzazione globale dell’intero processo di approvvigionamento dell’impresa.
Ne discendono, immediatamente, alcuni fattori critici di successo per la reingegnerizzazione dei processi dell’impresa:
– la definizione di una chiara visione strategica dell’impresa;
– l’adozione di una tensione continua e radicale per il cambiamento;
– la concezione dei processi di business, intesi come sequenze di azioni e decisioni che si sviluppano trasversalmente in tutta l’organizzazione;
– la gestione degli aspetti umani legati al cambiamento per collimare positivamente il riadattamento culturale del management e del personale operativo;
– il potenziamento della professionalità e delle capacità personali come conseguenza del progetto di riorganizzazione;
– lo sviluppo di un avanzato sistema informativo che tracci, sostenga, stimoli e abiliti la reingegnerizzazione, tanto da divenirne uno strumento essenziale e un supporto irrinunciabile.
Il Re-engineering, dunque, è ben diverso da un mero intervento locale volto ad incrementare l’efficienza operativa di una funzione senza alcun riguardo all’influenza o agli effetti collaterali che possono originarsi nelle funzioni contigue o nei processi globali dell’azienda. Data l’enfasi che esso pone sulle correlazioni, sugli aspetti globali, sulle sinergie, sul coordinamento, esso può essere annoverato tra le discipline di tipo sistemico.
La definizione del BPR di Hammer e Champy e il primo fattore critico di successo elencato precedentemente portano all’introduzione del terzo Re-, il Re-thinking. Ripensare l’impresa e riflettere la sua organizzazione ha come prerequisito l’abbandono della “politica dello struzzo”, che può essere determinata sia da una certa inerzia mentale del management, sia, ancor più pericolosamente, da un’arroganza dettata dal conseguimento di una posizione di leadership temporanea. La storia delle imprese, soprattutto quelle ad alto contenuto tecnologico, insegna che le posizioni di rendita sono temporanee e, per essere mantenute, è necessaria un’attenta sensibilità ai segnali, deboli o forti, provenienti dal mercato. La clientela è poco fedele; è sempre più esigente e abbandona o sostituisce facilmente i prodotti meno competitivi in termini di rapporto qualità/prezzo. Ripensare l’impresa significa concepire una visione di questa e dell’ambiente, rendere le strutture flessibili, capaci di intercettare i segnali e di prevederne la portata, riposizionare continuamente l’offerta e tarare l’organizzazione in termini elastici e anticipatori. E’ un’attività manageriale di altissimo contenuto, defatigante ma affascinante perché richiede uno sforzo di affinamento perenne delle tecniche di ripensamento per superare i freni inibitori al cambiamento presenti in tutte le persone.
Nella partita a poker con il futuro il gioco è pesante ma le imprese possono iniziare la mano decisiva un bel “tris di Re-” servito. Questo è un eccellente inizio nel gioco contro le turbolenze e la complessità e consente alle imprese di schierarsi in modo flessibile ed anticipatorio. La mano servita, comunque, non fornisce la certezza della vincita, poiché esistono ancora degli ostacoli di natura interna ed esterna che potrebbero portare alla sconfitta. Molti progetti di riorganizzazione sono falliti a causa dell’elemento umano, che si dimostra riottoso al cambiamento per vari motivi: perché non ne ha compreso la necessità; o perché, pur avendola compresa, non condivide la soluzione adottata; o, ancora, perché gode di posizioni di prestigio, di privilegio e di potere che verrebbero perse nel nuovo contesto.
La riorganizzazione, dunque, non è solamente un’attività di tipo tecnico, magari sostenuta da eccellenti strumenti informatici, ma, essenzialmente, un’attività di tipo manageriale che coniuga competenza con sensibilità, intuizione ed elasticità mentale.
Gian Franco Stucchi