Uno studio condotto su oltre 7.500 consumatori da Capgemini, uno dei principali fornitori mondiali di servizi di consulenza, information technology e outsourcing, rivela che gli acquirenti di auto si aspettano un’esperienza sempre più personalizzata, sollecitando gli OEM e i rivenditori a comunicare maggiormente tra di loro e condividere i dati dei clienti.
Il 16° rapporto annuale Cars Online: ‘The selfie experience: The evolving behavior of the connected customer’, basato sui dati provenienti da sette mercati chiave, mostra le crescenti aspettative dei clienti per una customer experience personalizzata durante l’intero ciclo di vita di acquisto, sia online che offline, mettendo le preferenze individuali di ciascun acquirente al centro delle offerte e dei servizi.
Sebbene la generazione più giovane (18-34 anni) abbia una maggiore affinità con i canali online, lo studio evidenzia che anche i “nativi digitali” vogliono punti di contatto fisico per l’acquisto, il possesso e il riscatto, con i concessionari che mantengono in questo modo un ruolo cruciale nel processo di vendita.
I clienti richiedono ai rivenditori maggiori competenze tecniche e si aspettano una comunicazione più personalizzata e frequente nel periodo che va dall’acquisto alla consegna. La metà degli acquirenti richiede delle notifiche settimanali di aggiornamento sulla consegna mentre la maggioranza (58%) vuole poter modificare il proprio ordine dopo l’acquisto iniziale.
La maggior parte dei consumatori (80%), interessati alle funzionalità delle auto connesse, sono disposti a consentire l’accesso ai propri dati, purché vi siano informazioni trasparenti su come vengono utilizzati – dimostrando un alto livello di fiducia verso gli OEM. Quasi tutti i clienti (99%) che sono ben informati circa l’uso dei loro dati sono soddisfatti dei rivenditori o degli OEM. Tuttavia, sorprendentemente il 37% degli intervistati nei mercati maturi ha dichiarato di non essere stato contattato affatto dal proprio rivenditore o produttore nel corso dell’ultimo anno.
Domenico Cipollone, Vice President, CNHI and FCA Global Executive Account e membro dell’Automotive Council di Capgemini:
“Abituati a servizi personalizzati e a un’esperienza che combina canali online e offline in altri settori come nella vendita al dettaglio, i consumatori vogliono poter usufruire della stessa condizione anche nel settore automobilistico sia prima che dopo l’acquisto dell’auto. I canali di comunicazione digitali come i social media, gli insights sui comportamenti resi possibili dall’analisi dei dati e il desiderio di servizi aggiuntivi indicano che gli OEM e i rivenditori dovrebbero offrire una simile esperienza.Tuttavia, per ottenere questo, ci deve essere un cambiamento di mentalità per superare la separazione tra produzione, vendita e assistenza post-vendita. Attualmente c’è poca condivisione dei dati tra OEM e rivenditori – ma questa per un’esperienza più personalizzata degli acquirenti di automobili è una vera e propria opportunità per l’industria. OEM e rivenditori hanno bisogno di cooperare e utilizzare la tecnologia analitica per offrire una customer experience più completa”.
Il rapporto indica inoltre un’attenzione significativa per le nuove tecnologie innovative e i servizi connessi, fornendo agli OEM e rivenditori nuove opportunità, ma anche sfide. La metà dei consumatori (47%) vuole usare o sta già utilizzando le funzionalità delle auto connesse, con oltre tre quarti (80%) di questi che ritiene queste caratteristiche importanti per la loro prossima auto.
Tuttavia, la minaccia di un attacco informatico è ancora un problema significativo per alcuni consumatori (38%), i quali sostengono che è una ragione per non utilizzare queste funzionalità. Guardando al futuro, la metà degli intervistati (49%) sarebbe interessato a comprare una macchina da giganti della tecnologia come Apple o Google, anche se oggi sono soddisfatti del loro attuale brand.
Questa percentuale aumenta al 65% tra i clienti più giovani e quelli dei mercati emergenti – tra cui la Cina (74%) e l’India (81%), rispetto ai mercati più maturi, come il Regno Unito (26%) e Stati Uniti (29%). I consumatori, in particolare nella fascia di età più giovane, sono inoltre disposti a pagare molto di più per la guida autonoma con il 79% degli intervistati che esprime interesse – che sale al 95% nei mercati emergenti rispetto ai mercati maturi (68%). I benefici positivi come la riduzione dello stress e la sicurezza sono più importanti degli aspetti negativi.
Altri risultati rilevanti dello studio dimostrano che:
- Una più ampia varietà di fonti online sono utilizzate nella scelta di una vettura, con i siti web del rivenditore / produttore (49%), i motori di ricerca (43%) e i concessionari tradizionali (48%) ora integrati da forum web (19%), pagine dei social media (12%) e applicazioni per smartphone (9%)
-
L’utilizzo di più fonti di informazione online diversificate e non tradizionali è trainata in particolare dai mercati asiatici (India / Cina), dove l’80% è significativamente influenzato dai
commenti positivi dei social media
- La concessionaria fisica gioca ancora un ruolo fondamentale per i consumatori, con il 95% che visita uno o più concessionari prima dell’acquisto; le persone vogliono ancora un’esperienza tattile quando si compra un’auto
- I clienti vogliono servizi online personalizzati e immediati quando si acquista una macchina e per il post-vendita: o il 95% si aspetta una risposta alle richieste entro 24 ore; nei mercati emergenti, il 69% vuole un riscontro in meno di quattro ore
- Mentre i consumatori desiderano servizi online e offline più personalizzati, il 45% è però preoccupato per la riservatezza dei dati.
-
Esiste una forte correlazione tra la soddisfazione dei clienti e la fedeltà soprattutto per i
rivenditori: o solo il 10% dei clienti, non del tutto soddisfatto, dice che probabilmente o molto probabilmente acquisterebbe la prossima auto dallo stesso rivenditore. L’87% dei clienti molto soddisfatti acquisterebbe di nuovo la stessa marca e l’85% lo farebbe dallo stesso concessionario.
Metodologia della ricerca
Cars Online 2015 è la ricerca annuale di Capgemini sul comportamento e le aspettative dei consumatori durante l’intero ciclo di vita di acquisto dell’auto (inclusi gli interessi e l’acquisto che vanno dal possesso al riscatto). Comprende anche le opinioni dei consumatori sulle aree di innovazione dei “veicoli connessi”, “guida autonoma” e “servizi di mobility” alternativi. Quest’anno, la sedicesima edizione del rapporto ha visto la partecipazione al sondaggio di 7.553 consumatori.
Tutti gli intervistati erano “in target con il mercato”, in quanto stavano pensando di acquistare o noleggiare un auto nei successivi 12 mesi. I paesi coinvolti nello studio sono Brasile, Cina, Francia, Germania, India, Regno Unito (UK), e Stati Uniti (USA). Capgemini ha collaborato con FreshMinds, società di consulenza specializzata in ambito insights e innovazione, per condurre questa indagine. Tutte le analisi e l’interpretazione dei dati sono state realizzate da Capgemini. La ricerca è stata condotta nel giugno 2015.
Coffee Time oggi parla del progetto europeo NADINE in grado di creare algoritmi e metodi per analizzare le attività online al fine di individuare le relazioni tra soggetti, paesi e persino beni di scambio
Internet è attualmente formato da oltre 50 miliardi di pagine collegate tra loro in modo tale da formare un vasto paesaggio virtuale. Ogni interazione fornisce dati che, quando vengono scomposti e analizzati, permettono di osservare e capire un’ampia gamma di attività umane, da quelle culturali a quelle economiche. Per questo motivo è stato attivato, nell’ambito dello schema “Tecnologie Future ed Emergenti” dell’UE, il progetto NADINE New tools and Algorithms for DIrected NEtwork analysis) che contribuisce allo sviluppo di nuovi tipi di motori di ricerca, ponendo l’Europa al vertice in questo importante settore.
“Stiamo cercando di mappare la rete per mostrare come le pagine sono collegate tra loro e come le persone usano questi collegamenti nei loro viaggi attraverso la rete,” ha affermato il coordinatore del progetto NADINE, Dima Shepelyansky, direttore della ricerca presso il Laboratoire de Physique Théorique, CNRS Toulouse. Il progetto usa vari strumenti, alcuni dei quali forniti da Google, per mostrare quante pagine sono collegate tra di loro. In questo modo si possono determinare, per esempio, le probabilità che siano visitati determinati siti, che siano effettuate certe scelte, che si acquistino oggetti o si voti in un certo modo.
Per sviluppare e testare le loro metodologie, i ricercatori hanno osservato gli articoli biografici di Wikipedia, valutando la possibilità di catalogare le persone consultate in ordine di influenza. Essi hanno analizzato i contributi redatti in 24 lingue principali, considerando il numero di articoli che rimandano a singoli individui secondo il sistema PageRank di Google, che ritiene una pagina “importante” se ad essa rimandano altre pagine importanti.
Questo processo ha fatto emergere un caso curioso ed interessante: il personaggio più referenziato risultava essere lo scienziato Carl Nilsson Linnaeus (noto agli italiani come Linneo), un medico, botanico e naturalista svedese considerato il padre della moderna classificazione scientifica degli organismi viventi. Proprio per questa sua opera scientifica sono stati stabiliti numerosi collegamenti indirizzati verso la sua pagina e provenienti da ogni pagina di Wikipedia dedicata a piante e animali (e questo riscontro ha alterato i risultati). I ricercatori hanno quindi deciso di introdurre il CheiRank, che calcola l’importanza di una pagina in base al numero di collegamenti in uscita. Integrando i due sistemi citati, i ricercatori hanno definito un modo scientifico accettabile per misurare l’importanza di una pagina. I metodi sviluppati possono anche rilevare le comunità web auto-organizzate e collegate.
Esaminando le modalità con le quali i collegamenti (verso e da una pagina) possono mostrare come vengono scambiate le informazioni, il progetto ha applicato i nuovi risultati all’analisi dei flussi commerciali. Dima Shepelyansky ha spiegato che “NADINE ha usato la banca dati del commercio mondiale delle Nazioni Unite, che contiene i dati degli ultimi 50 anni. Abbiamo sviluppato un nuovo modo di analizzare lo scambio commerciale di 61 prodotti tra i paesi dell’ONU, determinando la sensibilità dell’equilibrio commerciale alle variazioni di prezzo”.
NADINE è un’iniziativa che riunisce in partnership un gruppo di fisici teorici, matematici e informatici di Francia, Italia, Paesi Bassi e Ungheria, quindi il finanziamento transnazionale dell’UE è stato indispensabile per costituire un’equipe di scienziati provenienti da discipline e paesi così diverse.
Di Redazione ViralCaffè
Dal 21 al 25 settembre, infatti, il più florido ecosistema startup al mondo accoglierà l’iniziativa
“SEC2SV – Startup Europe Comes to Silicon Valley”, patrocinata da Startup Europe e organizzata da Mind the Bridge Foundation, in partnership con Silicon Valley Comes to UK, Allied for Startups e con il supporto di diverse organizzazioni europee con base in Silicon Valley.
Facendo proprio seguito alla visita in Silicon Valley dello scorso settembre, è stato inviato a inaugurare l’evento il Primo Ministro italiano Matteo Renzi. Sono attesi anche il Vice Presidente della Commissione Europea Andrus Ansip e il Commissario Günther Oettinger.
Una delegazione europea di policy maker, startup, grandi aziende consolidate e investitori incontrerà stakeholder e rappresentanti del mondo imprenditoriale della Silicon Valley per stimolare l’avvio di collaborazioni e partnership tra le due sponde dell’Atlantico.
Sulla scia del successo riscosso in passato da iniziative come Silicon Valley Comes to UK, l’evento mira a connettere Europa e Silicon Valley al fine di creare nuove opportunità di business e di collaborazione. Della delegazione faranno parte commissari e primi ministri, una selezione di alcune tra le migliori “scaleup” europee (ovvero startup mature che registrino una crescita di oltre il 20% nei ricavi o nel numero dei dipendenti negli ultimi 3 anni), i nuovi “Unicorni” europei (aziende innovative non ancora quotate valutate oltre 1 miliardo di dollari), grandi aziende e investitori.
La settimana di incontri in Silicon Valley rappresenterà una opportunità unica per riunire sotto un’unica bandiera europea le attività dei rappresentanti degli stati membri del Vecchio Continente. L’Europa sta infatti dando vita a nuove startup che potrebbero avere un impatto dirompente in molte aree dell’economia globale.
All’evento sono stati invitati, tra gli altri, Andrus Ansip, European Commission VP for the Digital Single Market; Günther Oettinger, European Commissioner; Megan Smith, Chief Technology Officer of the United States; così come senior executive provenienti da Google, Facebook, Airbnb, Uber, Apple, Telefonica, Orange, BBVA, Deutsche Bank e rappresentanti del mondo venture capital e delle comunità accademiche di entrambi i continenti (da Andreessen Horowitz, Greylock, Social Capital, Softech VC, USV, Y Combinator, RocketSpace e 500Startups a Stanford, Berkeley, Singularity University, European Investment Fund).
La settimana prenderà avvio il 21 settembre con il “SEC2SV European Innovation Day”, una conferenza di un’intera giornata ospitata al Computer History Museum di Mountain View che prevede la presenza di circa 600-700 partecipanti, per discutere dei seguenti temi:
- Digital Single Market
- Cooperazione Europa/Stati Uniti
- I trend della Silicon Valley
- Startup: innovazione vs. regolamentazione
- Investimenti e acquisizioni
- La Silicon Valley e le sue connessioni con gli hub di tutto il mondo
- Chi sono e da dove vengono gli “Unicorni” europei?
L’evento intende mettere in piedi una delegazione di scaleup di altissima qualità e di provenienza geografica eterogenea. Le aziende interessate possono già fare application al link sec2sv.com/#scaleup: la selezione finale sarà curata dalle organizzazioni europee che hanno base in Silicon Valley, ciascuna delle quali si occuperà di una specifica nazione o area geografica europea:
- Silicon Vikings
- French Tech Hub
- Spain Tech Center
- German Accelerator
- West 2 West
- Netherlands Offices of Science and Technology’ (NOST)
- Mind the Bridge UK Trade & Investment
Da una parte, l’Europa beneficerà del supporto e dell’esperienza della Silicon Valley per dare vita a ecosistemi economicamente rilevanti e sostenibili nel tempo, nei quali l’innovazione possa tradursi in crescita economica; dall’altra la Silicon Valley beneficerà del confronto e del dialogo aperto con i policy maker europei per poter attingere a importanti mercati internazionali.
Coffee Time oggi è in compagnia di Daryoush Goljahani, Regional Channel Manager di Google per parlare di Google for Work.
In un contesto personale e lavorativo in continua evoluzione siamo in sempre più in contatto con i nostri device mobili che ci permettono di approvvigiarci delle informazioni e dei contenuti di cui abbiamo bisogno ovunque. I nuovi device non hanno sostituito i laptop, come ci si aspettava, sono andati ben al di la di quanto questi oggetti, che restano oggi di produttività individuale, siano mai andati, diventando dei veri e propri portali per la conoscenza.
I cambiamenti nei dispositivi e dei servizi web si traducono in cambiamenti significativi e fondamentali del nostro comportamento.
L’aspettativa che abbiamo oggi per il nostro modo di accedere, ricevere e consumare le informazioni – e il tipo di informazioni che è disponibile – è completamente diversa da quella che era solo due anni fa assolutamente non paragonabile con quella di 5 anni fa.
In questo lasso di tempo, Internet si è trasformata da una rete di siti web e contenuti in un Internet di persone e cose; non si va più online sii è online….. E, il ritmo del cambiamento è ben lontanto dallo stabilizzarsi, la sensazione al contrario è che continui ad accelerare.
Il mondo è connesso, la conoscenza su cose è persone e la relazione tra questi esiste già ed è accessibile.
Mai come oggi per quello che è l’osservatorio di chi da sempre lavora nel mondo dell’information and communication technology l’humus è favorevole ad innovazione e se volete globalzzazione.
Non intendo dire che l’impresa sia meno difficile, ma sicuramente ci troviamo di fronte a fattori al contorno che rendono meno artritico il sistema e magari un po’ più caotico il mercato e questo vuol dire nuovi spazi per imprendere o innovare.
Il fattore tecnologico non è un fattore scarso e non costituisce una barriera all’ingresso.
Anzi, la crescente capillarità e diffusione di internet e della tecnologia cloud anche su mobile, aprono a opportunità solo qualche anno fa impensabili. Assistiamo all’affermarsi di nuovi business che grazie a nuovi modelli di servizio, a fattori tecnologici non più scarsi e piattaforme digitali in grado di aprire l’imprenditoria alla globalizzazione, sconvolgono i paradigmi del settore in cui operano.
Qualcuno ha iniziato a definire queste nuove imprese “Business disruptive business”. Sono servizi che definisco una nuova opportunità commerciale laddove a priori non si pensava potesse esservi spazio ed una volta lanciati hanno un pesante impatto su tutta la catena del valore del mercato di riferimento.
Pensate ad esperienze molo note come quella di Uber o ad Airbnb. Quello che che è straordinario per ognuna di queste esperienze non è solamente che si sia realizzato qualcosa di innovativo ma sopratutto l’innovazione sul modo di connettere ed ingaggiare clienti e potenziali tali e sopratutto la velocità di esecuzione che hanno dimostrato.
Il digitale non è però solo questo, è ormai diventato un elemento centrale all’ordine del giorno della forza dirigenziale delle aziende di tutto il mondo anche delle più tradizionali. Diversi studi oggi sono in grado di darci una misurazione puntuale in termini di ritorno di fatturato, marginalità, produttività delle aziende digitalmente più matura rispetto a dirette concorrenti che lo sono meno.
Paradossalmente il singolo consumatore, l’utente, oggi dispone di strumenti che lo rendono protagonista rispetto all’emergere di tendenze, pubbliche opinioni e financo maturazione di una coscienza diffusa.
Questi strumenti, si affermano grazie all’interazione degli utenti in rete, e sono per la prima volta più appannaggio del singolo di quanto non lo siano dell’organizzazione aziendale, che oggi subisce il fenomeno più che governarlo.
Abbiamo visto tentativi di emulsione, dove le aziende hanno sperimentano interazioni “con” questi media più che “attraverso” e “per mezzo” dei nuovi canali, tradire ampiamente le aspettative.
La sfida da vincere a tutti i costi è la comprensione e l’integrazione di modelli collaborativi, di assimilazione ed erogazione del valore, che si sono largamente diffusi ed affermati ad iniziare da contesti squisitamente “consumer” basati su trend che conosciamo ormai profondamente il mobile il cloud ed il social.
La bontà di questo approccio è testimoniato dalle nuove realtà emerse ed emergenti che hanno fatto della capacità di intercettare e sopratutto far emergere nuovi bisogni e velocità di esecuzione il fattore del loro successo.
E’ vero che l’economia digitale, non è un settore tecnologico come ci ostiniamo a vederlo, ma una straordinaria infrastruttura per la promozione, valorizzazione, la distribuzione dei beni del made in Italy su scala globale, ma è altrettanto vero che il primo passo verso la digitalizzazione aziendale è portare le persone che compongono l’organizzazione a collaborare in modo nuovo, digitalmente, questo è il primo impulso al cambiamento culturale che questo tipo di trasformazione impone.
La missione di operatori come Google for Work è quella di aiutare le persone e le imprese a sfruttare al meglio il web, proprio portando le organizzazione nel mondo digital. Oggi, oltre a soluzioni che consentono alle aziende di sviluppare il brand e connettersi con i consumatori nel mercato digitale, abbiamo reso disponibili strumenti che permettono alle persone siano individui o dipendenti, di collegarsi meglio tra loro e con le informazioni nei contesti di lavoro digitale facilitando le organizzazioni nel percorso di trasformazione digitale.
di Daryoush Goljahani
Regional Channel Manager
Google ha confermato l’acquisizione della società di intelligenza artificiale DeepMind, per un importo di oltre 400 milioni di dollari.
Fondata da neuroscienziato Demis Hassabis, Shane Legg e Mustafa Suleyman, l’azienda è specializzata in algoritmi e protocolli di apprendimento, basati sulle macchine per il software di e-commerce, simulazioni e giochi.
Secondo Recode, la cifra spesa per l’acquisto è appunto 400 milioni dollari.
Alcune fonti riferiscono che il buyout è stato raggiunto al fine di inglobare i talenti dell’azienda in Google e, proprio il CEO di Google Larry Page, ha condotto l’affare.
Il sito web di DeepMind contiene solo una pagina di destinazione, in cui l’impresa si autodefinisce un “tagliente società di intelligenza artificiale“ con sede a Londra, entusiasta di assumere nuovi talenti nel ramo della tecnologia.
DeepMind, infatti, ha dichiarato di aver assunto più di 50 persone ed è riuscita a garantire oltre 50 milioni di dollari di finanziamenti.
L’acquisizione di Deep Mind è l’ultima di una serie di operazioni analoghe realizzate dal gigante tecnologico.
Google ha sempre pianificato l’acquisto di nuove imprese che si specializzano in vari settori della tecnologia al di fuori del Web e si è dilettato in progetti tra cui la creazione di veicoli autonomi.
Il mese scorso, Google ha acquistato Boston Dynamics, un fornitore di hardware militare e robot di origine animale, un’impresa basata sulla robotica.
Altre proprietà del gigante dei motori di ricerca includono Autofuss, Industrial perception, Meka e Redwood Robotics.
Google ha fatto un certo numero di altre acquisizioni in questo mese.
Subito dopo Capodanno, ha infatti annunciato l’acquisto di una società di sviluppo di applicazioni, la Bitspin, Nest Labs, una società che si occupa di costruire termostati intelligenti, e la società di sicurezza Imperium.