Sempre più aziende si stanno affacciando all’ecommerce poiché è il momento giusto. Ciò porta ad una crescita naturale della competizione nazionale e il mercato online diventa sempre più saturo. E dunque: perché non vendere anche all’estero?
Un progetto di internazionalizzazione (seppur apparentemente limitato solo all’online) è spesso sottovalutato e i problemi sono molteplici.
Immaginate all’estero, dove cambiano abitudini, costumi, religioni, culture e tanti altri aspetti!
Il primo problema è rappresentato dalla lingua. I nostri potenziali clienti vogliono parlare la loro lingua madre quando chiamano al servizio clienti, vogliono consultare e leggere un sito web non in inglese. L’azienda deve pertanto strutturarsi con del personale competente, in grado di assistere i clienti anche in orari a noi “scomodi” (a causa del fuso orario, ad esempio).
Un secondo problema da affrontare è legato ai servizi/prodotti offerti e a come questi vengono percepiti o impiegati nella cultura di riferimento. L’olio extravergine d’oliva è un condimento alla base della nostra alimentazione.
All’estero non è così scontato…
In alcune nazioni cambia anche l’uso e la frequenza degli strumenti di comunicazione.
Se in Europa e in USA il motore di ricerca di riferimento è Google, in Russia troviamo Yandex, che è anche portale di informazione, pensato per i russi.
Anche i social network cambiano: Facebook è sostituito da Vkontakte, con logiche simili ma non identiche.
Di Daniele Rutigliano – Aproweb
L’e-commerce non è in crisi, questo ormai è un dato certo e risaputo a molti. Ogni anno le vendite online aumentano del 20%.Tuttavia per fare business sul web è necessario prima di tutto avere una chiara visione del commercio elettronico, dei modelli di business e degli scenari attuali: dalla long tail al drop shipping, dall’info al social commerce.
A Smau Bari 2014 ho tenuto un workshop formativo a riguardo, intitolato “15 segreti per vendere online con l’e-commerce”. Durante i 55 minuti a mia disposizione, ho affrontato e analizzato alcuni temi importanti che ripropongo in questo articolo.
La prima cosa che ogni imprenditore deve comprendere è che il mondo online non è uguale a quello offline, che non è facile o semplice come molti vogliono far credere.
Serve know-how, passione, pazienza, partner e dunque anche un budget non indifferente (all’interno del mio libro “E-commerce vincente” edito da Hoepli, ho stimato 30 mila euro di costi iniziali per avviare una vera azienda online di successo). Certo, sul mercato esistono soluzioni economiche per testare il proprio business e mettersi alla prova senza investire cifre importanti – si pensi alle piattaforme web a pacchetto, ai CMS open source o ai più famosi marketplace (eBay e Amazon). Ma prima di partire, oltre gli aspetti economici, va studiata attentamente la concorrenza: ogni anno si stimano migliaia di nuovi siti web di ecommerce nascenti e altrettanti che chiudono per scarsa attenzione o assenza di strategia. Alcuni settori sono già saturi e spesso i margini di guadagno per prodotto sono bassissimi – in realtà la strategia web dovrebbe essere improntata proprio sulla coda lunga ovvero molte vendite con pochi profitti piuttosto che poche vendite dagli ottimi margini – e per fare utili importanti servono anni (una ricerca americana ha stimato che per raggiungere solo il primo milione di dollari di fatturato sono necessari una media di 570 giorni). Tutto ciò accade anche perché il costo di acquisizione di un cliente (ovvero l’investimento economico in marketing e comunicazione che un’azienda sostiene per trasformare un semplice visitatore del sito in un acquirente) può incidere molto, in alcuni casi può addirittura essere pari al margine di guadagno (Amazon nei primi 5 anni di vita non fece utili). Tuttavia se si lavora bene e con una strategia di web marketing studiata e pianificata, i ricavi arriveranno col tempo e con gli ordini successivi, quando un cliente acquisito e soddisfatto compra ancora e ripetutamente nell’arco dell’anno. Non a caso la stessa Amazon punta tutto sulla soddisfazione del cliente e sui costi di spedizioni bassissimi (si pensi al programma Amazon Prime, ndr).
Ma i clienti non sono tutti uguali, come nella realtà anche sul web.
A seguito di una recente ricerca americana condotta da RJMetrics si è scoperto che l’1% dei proprio clienti spende quanto la metà di tutti gli altri. E non è tutto. I migliori spendono 5 volte di più della media. Pertanto è opportuno analizzare attentamente il proprio flusso di visitatori, individuare i clienti più redditizi e incentivarli al riacquisto con iniziative e programmi fedeltà (accumulo punti, omaggi, agevolazioni sulle spedizioni, sconti, ecc…).
In tema di consegne, invece, si stanno sperimentando nuove vie. Oltre alle consegne “volanti” coi droni (in Germania ci sta provando DHL), le Poste Italiane stanno per installare i primi chioschi self service per la spedizione e il ritiro dei pacchi: tramite questi armadietti (APT, “Automated Parcel Terminals”) gli utenti saranno liberi di depositare i propri pacchi da spedire. Al contrario anche i destinatari potranno ritirare la merce dagli APT digitando un PIN ricevuto tramite SMS e recandosi in qualsiasi ora o giorno.
Un altro tema molto attuale è quello del mobile e degli acquisti su smartphone o tablet.
Quasi il 20% degli ordini di un sito di e-commerce arriva solitamente da dispositivi portatili (di cui il 40% da iPad e il 27% da iPhone) ma ciò che è più importante è che quasi mai gli utenti usando un solo dispositivo per finalizzare un acquisto; il processo di acquisto – che alle volte si concretizza in più giorni e in più momenti in quando c’è la fase di informazione, di confronto, di scelta e quindi di acquisto – non è lineare ma coinvolge tutti i device a disposizione dell’utente (computer, tablet e smartphone) nonché i canali “classici” di comunicazione (dal centralino telefonico dell’azienda al punto vendita). Ed è per questo motivo che l’e-commerce oggi viene definito “multicanale”: tutti i punti di contatto azienda-cliente sono indispensabili per le vendite.
Insieme al tema mobile si parla sempre più di “social commerce”. Le vendite online attualmente non si concretizzano su Facebook o Twitter: questi canali servono principalmente per dialogare, ascoltare, fornire assistenza, creare community e quindi indirizzare l’utente verso il proprio sito di e-commerce.
Tuttavia esistono social network dedicati (come Fancy o Etsy) che permettono il social commerce su quei prodotti sconosciuti e innovativi che nessuno mai si sognerebbe di cercare su Google come si fa per i prodotti di cui si conosce marca o modello. Tramite Etsy, ad esempio, è possibile scoprire e acquistare oggetti nuovi come dei simpatici cuscini “geek” con i loghi dei social più famosi ricamati (da Facebook ai Linkedin, da Google+ a Twitter).
L’e-commerce è in continua evoluzione e quanto detto fino ad ora rappresenta solo una minima parte dell’universo online. Il commercio elettronico può rappresentare un’arma vincente per superare la crisi e ampliare il proprio mercato ma deve essere ben pianificato. Infatti per avere successo online serve una cura maniacale dei dettagli nonché una chiara visione della strategia da portare avanti nei mesi che seguono.
Daniele Rutigliano